Spirulina, Clorella, larve di mosche e micoproteine sfameranno il mondo: lo afferma un gruppo di ricerca dell’Università di Cambridge secondo cui sistemi all’avanguardia e ad ambiente controllato in grado di produrre nuovi nutrienti dovrebbero essere integrati nel sistema alimentare per ridurre la vulnerabilità ai cambiamenti ambientali, ai parassiti e alle malattie. Anche in considerazione dell’aumento della popolazione mondiale.
Più persone, meno cibo: una combinazione di fattori che, se non si corre ai ripari, può solo peggiorare il problema della fame del mondo, continuando a colpire i Paesi sottosviluppati e quindi aumentando differenze e tensioni sociali.
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Il peso della malnutrizione è probabilmente la crisi umanitaria più persistente: due miliardi di persone soffrono di insicurezza alimentare, di cui oltre 690 milioni di persone denutrite e 340 milioni di bambini che soffrono di carenze di micronutrienti.
E, anche se non sembrano “appetibili”, spirulina, clorella, larve di insetti e micoproteine (proteine derivate da funghi) così come macroalghe hanno già attirato l’interesse come alternative nutrienti e più sostenibili dei tradizionali alimenti vegetali e animali.
Tali nutrienti possono infatti essere coltivati su scala in sistemi modulari e compatti adatti per contesti urbani e comunità isolate come quelle tipiche delle isole remote. Con un approccio che i ricercatori chiamano “reti alimentari policentriche“, il cibo potrebbe essere prodotto localmente e in modo coerente dalle comunità, riducendo la dipendenza dalle catene di approvvigionamento globali.
Per giungere alle loro conclusioni, i ricercatori hanno analizzato circa 500 articoli scientifici pubblicati su diversi futuri sistemi di produzione alimentare, verificando che i più promettenti, compresi i fotobioreattori di microalghe (dispositivi che utilizzano una fonte di luce per coltivare microrganismi) e le serre per l’allevamento di insetti, riducono l’esposizione ai pericoli dell’ambiente naturale, coltivando in ambienti chiusi e controllati.
L’agricoltura tradizionale è in crisi, non sostenibile per il Pianeta e comunque sempre meno efficiente. Il futuro non può andare lì, tuonano i ricercatori. Il rapporto sostiene infatti come sia pericoloso fare affidamento sul cibo prodotto con i metodi attuali e i sistemi di approvvigionamento attualmente utilizzati, a rischio di pesanti interruzioni causate da una varietà di fattori al di fuori del controllo umano.
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“Alimenti come alghe zuccherine, mosche, vermi della farina e alghe unicellulari come la clorella, hanno il potenziale per fornire diete sane e resistenti al rischio di affrontare la malnutrizione in tutto il mondo – spiega a questo proposito Asaf Tzachor, primo autore del rapporto. Il nostro attuale sistema alimentare è vulnerabile. È esposto ad un insieme di rischi – inondazioni e gelate, siccità e periodi di siccità, agenti patogeni e parassiti – che i miglioramenti marginali della produttività non cambieranno. Per rendere il nostro approvvigionamento alimentare a prova di futuro, dobbiamo integrare metodi di coltivazione completamente nuovi nel sistema attuale”.
La pandemia Covid-19, tra l’altro, ha evidenziato questa vulnerabilità: le restrizioni imposte dal governo sui viaggi hanno interrotto la produzione alimentare e le catene di approvvigionamento in tutto il mondo. Ma non è il solo fattore.
“La pandemia di coronavirus è solo un esempio delle crescenti minacce al nostro sistema alimentare globalizzato – tuona Catherine Richards, coautrice del lavoro. Diversificare la nostra dieta con questi alimenti futuri sarà importante per raggiungere la sicurezza alimentare per tutti”.
E se magari sarà proprio impossibile per noi accettare di mangiare larve di mosche, le riserve sul consumo di nuovi cibi come gli insetti potrebbero essere utilizzate come ingredienti: pasta, hamburger e barrette energetiche, ad esempio, possono contenere larve di insetti macinati e micro e macro alghe trasformate.
E il biologico?
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Sembra purtroppo di nuovo dimenticato come possibilità per superare questa crisi umanitaria evidente, pericolosa e destinata a peggiorare.
Il lavoro è stato pubblicato su Nature Food.
Fonti: Università di Cambridge / Nature Food
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