Per tutti gli amanti del ciclismo e per i sempiterni tifosi di Marco Pantani, leggere la notizia che tra qualche giorno saranno messi all’asta dei cimeli appartenuti al grande ciclista di Cesena, è stato un colpo al cuore.
La vendita avverrà on line il 9 dicembre prossimo e rientra nel quadro riguardante il fallimento della Mercatone Uno, storico sponsor della squadra del “Pirata”. Tra gli oggetti più ambiti, vi saranno sicuramente le due maglie rosa del Giro d’Italia del 1998 e la maglia gialla del Tour de France dello stesso anno.
Maglie che sancirono una doppietta straordinaria. Vincere il Giro d’Italia ed il Tour de France, nello stesso anno, attiene soltanto ai fuoriclasse, a coloro che hanno scritto la storia di questo splendido sport, come Fausto Coppi, Jacques Anquetil, Eddy Merckx, Bernard Hinault, Stephen Roche e Miguel Indurain.
Quelle vittorie ci riportano indietro di oltre vent’anni. Quella primavera – estate del 1998 è stata un crescendo di passione travolgente per tutti gli appassionati di ciclismo. Radio, televisione, ogni mezzo di comunicazione era buono per seguire le tappe, seguire il campione e le sue imprese, ed inseguire, insieme a lui, un sogno, rosa o giallo che fosse.
Seguire il campione, chilometro dopo chilometro, in attesa che la pianura diventasse salita. In attesa di un momento, che tutti attendevano trepidanti. In attesa di un gesto che segnava l’inizio vero della corsa. Il momento in cui Marco Pantani avrebbe alzato il braccio per portarlo sulla testa, sfilarsi la bandana e dare il via alla scalata. La scalata verso il trionfo.
Pantani era come un eroe omerico, con la sua straordinaria forza e l’altrettanto straordinaria fragilità. Gravi infortuni che potevano mettere in pericolo la sua carriera e prodigiosi recuperi.
Cadute e risalite in bicicletta, la ripresa avveniva sempre con un grande spirito agonistico.
Cadute e risalite nella vita privata, dove la ripresa avveniva, forse, senza quello stesso spirito.
Come un novello Odisseo combatteva le avversità che un destino apparentemente crudele, gli scaricava addosso.
E come Odisseo aveva in Omero il suo cantore, nessuno potrà narrare le gesta di Marco Pantani meglio di Gianni Mura.
E vai, pugnetto d’ossa, cardellino,
Pantadattilo, Fossilo, Pirata, insegui a pedalate il tuo destino
Con bandana stretta, o la pelata che luccica nel sole del mattino
non appena la strada s’è drizzata.
Fragile come un vaso di Lalique,
duro come il granito. Pantastique.
E vai. Plateau de Beille sotto il sole
Galibier sotto l’acqua, il cielo nero.
Solo chi c’era trova le parole
Per quest’inferno freddo, quasi a zero
CIAO GIANNI. MURA E QUELLA POESIA PER MARCO PANTANI (tuttobiciweb.it)
Gianni Mura ci ha lasciati quest’anno, il 21 di marzo. Fu lui a definire Pantani “Pantadattilo” ed a dedicargli pagine di giornalismo inarrivabili. Un cantore unico del ciclismo e dei suoi protagonisti, dai capitani che lottavano per le vittorie, ai gregari che sudavano ed arrancavano per aiutarli a raggiungere l’obiettivo massimo. Un pittore capace di dipingere con le parole e realizzare quadri di uomini in bicicletta, ricchi di policromatiche pennellate d’umanità, di forza e di debolezza.
Ora, sembra di vivere un tragico contrappasso, dove, ad ogni gioia, figlia dell’impresa sportiva di uno straordinario campione, ci viene restituito un dolore lancinante, insieme ad una tragica realtà.
Quella tragica realtà che ci riporta a Rimini, il 14 febbraio 2004, dove viene ritrovato, in un anonimo hotel, il corpo senza vita di Marco Pantani. Dopo oltre sedici anni, la sua morte è ancora avvolta nel mistero.
Forse, quest’asta on line, con la vendita di cimeli che ci riportano, con gli occhi e con il cuore, ai suoi momenti di gloria ed a quelli d’inconsolabile, amara solitudine, è l’ultimo atto della storia di Marco Pantani.
Dopo, rimarrà soltanto la leggenda di Marco Pantadattilo Pantani e del suo inimitabile cantore, Gianni Mura.