“Non so se sono felice ma tengo stretti i momenti di felicità, li vivo fino in fondo, fino alle lacrime, così come accettare i momenti di buio, sono una persona normale (…). La mia filosofia è legarmi di più ai momenti felici perché quelli, poi, ti serviranno da maniglia per tirarti su, quando sei nel letto e non riesci ad alzarti”.
Era questa la filosofia di vita di Ezio Bosso, il pianista, compositore e direttore d’orchestra torinese che si è spento oggi nella sua casa di Bologna. L’uomo – o meglio – l’artista aveva 48 anni ed era malato da tempo. Nel 2011 Ezio si sottopone a un delicato intervento per la rimozione di un tumore al cervello, ma, nel corso dello stesso anno, gli viene diagnosticata una malattia neurodegenerativa per la quale, purtroppo, non c’è ancora una cura.
Una vita dedicata alla musica
Una vita dedicata alla musica, la sua più grande passione, nata all’età di quattro anni, quando, grazie a una prozia pianista e al fratello musicista, inizia a prendere lezioni di piano. Ma la strada per coronare il suo sogno è in salita. “Il figlio di un operaio non potrà mai diventare un direttore d’orchestra, perché il figlio di un operaio deve fare l’operaio”, è questo il pregiudizio contro cui Ezio si è dovuto scontrare all’inizio della sua carriera. Un pregiudizio che, grazie a uno straordinario talento e a una smodata abnegazione, il musicista riesce a combattere e smentire.
La sua fama in Italia cresce nel 2016, quando Carlo Conti lo invita sul palco dell’Ariston durante il Festival di Sanremo in qualità di ospite d’onore, il nostro, di poter conoscere e apprezzare questa pietra miliare della musica classica. Tra i suoi successi, anche la colonna sonora di alcuni tra i più grandi capolavori del cinema, due tra tutti Quo Vadis, Baby? e Io non ho paura.
Ciao Ezio. La tua musica sarà qui a testimonianza imperitura di un’incredibile maestria e, ascoltando quelle note, sarà un po’ come averti ancora qui, tra noi.