Coronavirus, si può divorziare via e-mail, e nel 2031 non ci si sposerà proprio più

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Una delle cose che la pandemia di Coronavirus ci ha fatto riscoprire, è quanto sia diventato facile (e probabilmente quanto lo fosse anche prima) ridurre le lungaggini della burocrazia attraverso l’utilizzo del digitale. Anche in quei settori, come la giustizia, dove velocizzare sembrava un’utopia.

E così, ecco che, visto il rallentamento fin quasi allo stop nei due mesi scorsi dell’attività dei tribunali, con il rinvio a dopo l’estate delle udienze, improvvisamente la tanto agognata semplificazione è diventa  una cosa fattibile. Miracoli delle pandemie.

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Separazioni via e-mail

In seguito all’emergenza sanitaria sono cambiate regole e procedure anche per le richieste di divorzi e separazioni tra i coniugi.

E la soluzione adottata al momento dai tribunali per evitare assembramenti così come vogliono le regole di distanziamento sociale per il contenimento del contagio, è l’udienza virtuale nei casi di separazioni consensuali e divorzi congiunti, cioè per le procedure dove le coppie hanno già trovato una intesa sui termini anche pratici dell’addio.

Ma come?

Il Consiglio nazionale forense (Cnf) ha varato nuove linee guida sulla gestione dei procedimenti che riguardano la famiglia. Regole assolutamente necessarie perché  pur essendo il periodo, stasi e sospensione, la vita di relazione delle persone non può restare sospesa per mesi, considerando anche che “la salute è da tutelare, ma la famiglia non è da meno. E tutti i procedimenti in materia – è scritto sulle linee guida – sono intrinsecamente connotati da urgenza”. In pratica: non c’è tempo da perdere.

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A Torino 

Nel capoluogo piemontese, per esempio, ma anche in qualche altro tribunale, da Vercelli a Monza a Verona, a partire dal 27 aprile chiunque voglia presentare il ricorso per la separazione consensuale potrà farlo in via telematica attraverso «un protocollo ad hoc per questo tipo di pratica». 

Ciò significa che moglie e marito dichiareranno con atto separato di essere stati informati della possibilità di procedere comunque senza la comparizione fisica all’udienza e: di avervi aderito liberamente e coscientemente, di non averci ripensato e di confermare la volontà di non riconciliarsi. I ricorsi dovranno essere inviati tramite l’utilizzo della Pec – la posta elettronica certificata. E la richiesta dovrà essere sottoscritta da entrambe le parti. 

L’udienza «virtuale»

All’udienza «virtuale» comunicata agli avvocati in via telematica, le parti non devono partecipare neanche a distanza, serve solo al Tribunale. Si vedrà col tempo se questa formula verrà mantenuta anche quando sarà finita l’emergenza Covid. Per adesso in altri tribunali non viene proprio esplorata. 

Boom di divorzi post quarantena?

I divorzi sono aumentati a causa della quarantena per coronavirus. Evidentemente il troppo tempo insieme a casa per l’obbligato autoisolamento, non è stata una panacea per le coppie. È successo in Cina, dove si è assistito a un picco delle domande, ma il fenomeno si sta osservando anche in altre parti del mondo.

Negli Stati Uniti, per esempio, gli avvocati americani affermano di vedere aumentare le domande di divorzio a causa del coronavirus: «Le persone si stanno rendendo conto che non riescono a sopportarsi», ha detto Suzanne Kimberly Bracker, un avvocato di Manhattan, al New York Post. «Nel bel mezzo della notte ricevo chiamate di clienti che dicono di essersi accorti di non aver nulla in comune con il partner».

O in Turchia, dove gli avvocati confermano che «il numero di persone che chiamano i nostri uffici con richiesta di divorzio è aumentato di 4 volte rispetto a gennaio». 

Cosa succede in Italia

Anche in Italia assisteremo a un boom di divorzi causa quarantena? Certamente la gestione famigliare, gli spazi da condividere, l’organizzazione per lo smart working e per recuperare il cibo, le altre emergenze e le lunghe giornate nelle quattro mura domestiche hanno lavorato contro chi era forse già un po’ a rischio. Che ora, potendosi riaffacciare fuori casa, potrebbe essere più deciso  a mettere fine a una relazione.

Dati effettivi ancora non ce ne sono: è chiaro che lo stop delle udienze porterà ad un accumulo delle cause sospese, e quindi anche da noi, come già accaduto in Cina, si potrebbe vedere un aumento delle richieste ma più che altro per il fatto di dover gestire una grande quantità di pratiche. Sui numeri veri e proprio è necessario attendere la fine totale del lockdown, quando la vita riprenderà il suo nuovo corso.

E nel 2031 addio matrimonio

Un dato però sembra certo: secondo una proiezione statistica del Censis, nel 2031 non sarà più celebrato un solo matrimonio nelle nostre chiese. Il motivo? Secondo la poderosa indagine statistica in titolata “Non mi sposo”, le nozze non sono più il “baricentro della vita”.

I matrimoni sono sorpassati, ignorati, in via di estinzione. Né garanzia d’amore, né di famiglia felice. Sposarsi non serve più a niente: i figli nati dentro e fuori dal matrimonio sono tutti legittimi allo stesso modo e l’equiparazione tra coppie sposate e coppie di fatto è qualcosa di acquisito.

Ovvio che se adesso ci metti anche l’idea che future pandemia sono più che probabili, l’indagine del Censis può avere praticamente la certezza della veridicità del dato rilevato.

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