Mascherine e inquinamento: non sono riciclabili. Come smaltirle

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L’aria non è più inquinata come prima

, i cieli sembrano più chiari e luminosi, l’acqua di fiumi e laghi è più limpida. Le foto dei canali di Venezia così chiari da permettere di vedere i pesci nuotare, hanno stupito il mondo. Insomma, il forte calo di emissioni di carbonio ha fatto piano piano riprendere vita all’ambiente e alla natura. 

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Il Pianeta ha ripreso a respirare

Le sofferenze causate da questa pandemia come sappiamo, sono numerose. E se qualche aspetto positivo di questo complesso periodo lo vogliamo trovare, sicuramente ci dobbiamo soffermare sui cambiamenti che stiamo vedendo sull’ambiente e cercare di renderli permanenti e non temporanei. Il problema è che non potendo vivere in lockdown, i problemi almeno in parte si ripresenteranno quando riprenderemo a muoverci.

Un nuovo problema all’orizzonte

E tra questi ce ne sarà qualcuno nuovo da affrontare: lo smaltimento di guanti e mascherine monouso. «Negli ultimi giorni, si sono moltiplicate le segnalazioni dei cittadini sull’abbandono di guanti e mascherine usati come protezione dalla Covid-19, ovunque nelle nostre città, in particolare per strada, sui marciapiedi, nei parcheggi dei supermercati, vicino alle farmacie o nei pressi dei pochi esercizi commerciali aperti. Nel bel mezzo di una crisi sanitaria, tutto questo non è più tollerabile». È Legambiente a lanciare l’allarme sui “nuovi rifiuti” da coronavirus che cominciano ad invadere le strade delle nostre città.

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Le mascherine non sono riciclabili

La grande preoccupazione nasce dal fatto che, come ha spiegato anche il Ministero della Salute nel prontuario diffuso a inizio aprile, le mascherine non sono un prodotto riciclabile.

E nessuno, però, sembra aver pensato ad una raccolta apposita: neppure per le mascherine dei soggetti positivi al coronavirus che si curano in casa, per le quali si imporrebbe uno smaltimento speciale, come per i rifiuti ospedalieri. 


Le (poche) indicazioni di smaltimento

L’indicazione, invece, al momento dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dei sistemi comunali di raccolta rifiuti cittadini, è solo quella di metterle nell’indifferenziata «chiudendo tali rifiuti in due o tre sacchetti, uno dentro l’altro». 

Ma il numero delle mascherine che da qui a dicembre circoleranno nel mondo sono davvero un numero incalcolabile. In pratica a Capodanno avremo consumato e buttato nella spazzatura almeno 1 miliardo e 200 milioni di mascherine. E le precedenti esperienze con Sars e aviaria non fanno affatto ben sperare, vista la quantità buttata per strada e finita nei mari.

Esperienze passate

In Asia, per esempio, sta già accadendo: le foto dei cumuli di mascherine sulle spiagge di Hong Kong e l’isola di Soko hanno fatto rimbalzare l’allarme sull’effetto devastante che potrebbero avere sull’ambiente. Sia per gli elastici in gomma capaci di mettere in pericolo la vita di pesci e mammiferi negli oceani, ma anche per il tessuto di poliestere o polipropilene, plastiche che non si degradano rapidamente.

Senso civico e rispetto per gli altri

Lasciare materiale in giro, buttandolo per strada, è vergognoso sempre, ma è scandaloso nel pieno di un’epidemia. Mascherine e guanti sono potenzialmente infetti, e agire in questa maniera significa non aver compreso a pieno la pericolosità della situazione che, al di là dei tecnicismi, è semplicemente una questione di senso civico e di responsabilità del singolo nei confronti della sua comunità. E se non si vuole fare per l’ambiente, almeno lo si faccia per la salute.

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