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E così abbiamo iniziato ad allevare “a terra” i salmoni che finiscono nel sushi…

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La maggior parte del salmone che arriva sulle nostre tavole e finisce anche nel sushi proviene da allevamenti, luoghi in cui i pesci subiscono una serie di crudeltà. Adesso una società negli Stati Uniti, e non è la sola, ha iniziato ad allevare i salmoni “a terra”. 

Sembra del tutto folle, eppure sta accadendo davvero: esistono allevamenti di salmoni a terra e in particolare uno, che ambisce a diventare il maggiore produttore per gli Stati Uniti, si trova a sud-ovest di Miami in Florida. Qui 5 milioni di pesci vivono chiusi all’interno di alcune vasche completamente al di fuori del loro habitat naturale.

Il salmone atlantico è un pesce tipico delle acque fredde di Norvegia e Scozia, questa specie dunque mal si adatta al caldo tropicale di stati come la Florida. Questo però non ha di certo frenato chi ha deciso di allevare ugualmente salmoni proprio lì, puntando al mercato americano.

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La soluzione trovata dalla Atlantic Sapphire, azienda norvegese che ha creato la Bluehouse, è stata appunto quella di realizzare un allevamento di salmoni su terra, il che concretamente significa che sono state posizionate grosse vasche d’acqua ben refrigerate in un grande edificio simile ad un magazzino. Qui, ovviamente, viene utilizzata aria condizionata per creare il clima adatto alla sopravvivenza dei salmoni.

Si utilizzano sistemi di acquacoltura a ricircolo in grado di controllare tutto: temperatura, salinità e pH dell’acqua, livelli di ossigeno, correnti artificiali, cicli di illuminazione e rimozione di anidride carbonica e rifiuti.  

Dato che si tratta di un sistema a circuito chiuso, l’acqua infatti viene filtrata e riutilizzata, i produttori affermano che il salmone non è esposto alle malattie e i parassiti presenti nel mare, quindi a differenza degli allevamenti tradizionali, i pesci non sono trattati con antibiotici o altri farmaci.

Vi starete chiedendo come mai un’azienda norvegese ha deciso di realizzare il suo stabilimento in Florida. Semplice, intende imporsi sul mercato americano, eliminando anche sconvenienti spostamenti. Naturalmente l’azienda sostiene che si tratta di un impegno a favore della sostenibilità “alleviamo pesce a livello locale per trasformare la produzione di proteine a livello globale“, scrive su Facebook.

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@ Atlantic Sapphire Twitter

Ma anche se non si utilizzano antibiotici, come è possibile considerare migliore, più sostenibile e più sano un allevamento intensivo come questo, fatto in un contesto completamente estraneo ai pesci e consumando grosse quantità di energia per farlo funzionare e produrre?

L’associazione animalista Peta già ha criticato BlueHouse e aziende simili che, in altre parti del mondo, allevano salmoni su terra:

“Gli allevamenti, in mare o su terra, sono pozzi di sporcizia. I pesci non sono bastoncini con le pinne in attesa di essere tagliati, ma esseri viventi capaci di provare gioia e dolore. Allevarli in questo modo è crudele e certamente non necessario” ha dichiarato Dawn Carr, direttrice dei progetti aziendali vegani di Peta.


La Bluehouse ha iniziato ad essere operativa lo scorso anno con l’obiettivo di diventare il più grande allevamento ittico terrestre del mondo, puntando ad una produzione di 9500 tonnellate di pesce l’anno e arrivando a 222mila tonnellate entro il 2031. In pratica ambisce a fornire il 40% del consumo annuale di salmone negli Stati Uniti.

Sarà questo il futuro del salmone d’allevamento?

Fonte: Atlantic Sapphire Twitter / BBC

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