Siamo nati esagerati.

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La storia ci insegna che essere controcorrente fa sempre fighi.

 

Sono stata ispirata da un documentario su rai 5 intitolato “fashion in the 1990’s”, Victorie De castellane, Tim Blanks, Gaultier,  Anne Boulay, parlavano, accompagnando il documentario con pareri sulla moda di quegli anni;  ho deciso di riportare il tutto perché molto fa parte del nostro background e può quindi essere di spunto per i vostri stili personali.

 

Siamo negli anni della guerra del golfo, anni in cui a Palermo ci sono gli attentati che provocano la morte di Falcone e Borsellino, gli anni dello scandalo Mani Pulite, Nelson Mandela vince le elezioni in Sudafrica, la prima PlayStation Sony è sul mercato, gli anni della “mucca pazza” e del terrore dell’aids.

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Gli anni ’90 sono tutt’altro che noiosi, sono anni carichi, eccentrici, anni di rifiuto e sovversione. Vari stili definiscono il decennio. Le modelle diventano vere e proprie icone come Kate Moss, Naomi Campbell e Laetitia Casta.

 

  

Sono gli anni del Grunge, del sexy, del minimal e del bling, ma anche di quello stile definito heroine chic, tanto criticato dall’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton.

La moda anni ’90 prometteva di opporsi agli eccessi degli anni ’80 ma in realtà sarebbe stata più trasgressiva ed eccessiva. Kurt Cobain diventa l’immagine dell’epoca e dello stile grunge che approda a New York nel 1993 sulle passerelle di Perry Ellis con la linea disegnata da Marc Jacobs.


Esplode la mania delle converse, delle birkenstock, degli abiti sovrapposti ai pantaloni,  degli scarponi tanto criticati, dei pantaloni a zampa, una moda rock and roll e apparentemente trascurata. Con il Grunge la borghesia incontra i bassifondi.

L’espansione dell’aids invade le passerelle, Walter Van Beirendonck fa sfilare uomini preservativo,dalla fisicità enorme, si vedono spuntoni sull’intimo, per la sensibilizzazione alla protezione, porta in passerella anche modelli con il volto coperto da slogan politici e per un errore voluto la passerella è più corta e i modelli cadono addosso al pubblico:  la metafora dell’epidemia. La Benetton invece sponsorizza un preservativo gigante rosa a Place de la  Concorde.

 

 

Vengono mostrati i seni, l’ombelico, e le scollature sulla schiena sono esageratissime.

Torna di moda la biancheria, tutti impazziscono per i Wonderbra.

 

Vivienne Westwood propone i microkini. Si arriva alla donna eterea, distaccata, vestita in blu, in lattice e da suora, si toccano i margini della trasgressione con Givenchy.

Tutto deve scioccare, si arriva al piacere per il cattivo gusto, fanno il loro ingresso gli stivali squadrati, i tacchi a punta, le maglie di ispirazione tecno, il  velluto liscio, fiori e plissè, tutto per un’esaltazione sfrenata del kitsch. Si vedono anche modelle su tacchi di altezza differente l’uno dall’altro per Jeremy Scott; mentre Yves Saint Laurent  gioca con la seduzione attraverso cavigliere di diamanti applicate alle scarpe.

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Tutto muta quando Prada prede una stampa considerata di cattivo gusto e la sublima,

da qui c’è un ritorno alle origini al semplice e al rifiuto dei fronzoli, si entra nel periodo del minimalismo.

Questa corrente si divide in due concezioni: quella celebrale di Helmut Lang ispirata ai rave a alla

Berlino elettrica, fatta di abiti semplici ma difficili da indossare e

 

 

quella dei maestri come Yves Saint Laurent, fatta di rituali senza tempo e di sfilate interminabili, un minimalismo perfetto. Con il minimal la camicia bianca prende il sopravvento e il cardigan diventa indumento fondamentale.

 

 

Ma gli anni ’90 sono anche gli anni della moda street, fatta di marchi come Nike, Adidas, Ellesse, Reebook e molti altri, gli anni in cui Margielà fa sfilare i propri modelli in strada, tutto prende energia dalla strada. I graffiti diventano i set delle sfilate, ci si avvicina alla moda comfort anche grazie alle marche da skateboard come Supreme.

Un passo avanti con Van Beirendonck e la sua sfilata che raffigura degli avatar e delle nuove identità e che anticipa i telefoni e i social.

Con l’evoluzione di Zara e Gap nasce la moda di industria, quella della produzione.

Tutto il decennio degli anni ’90 può  essere definito bling, gli anni delle frange dei diamanti, della tanto amata

baguette Fendi dei gioielli enormi di Dior e della finta e vera pelliccia.

Tutta questa esagerazione e sobrietà, dall’eccesso alle calzature, dalle trasparenze ai colori dalla sovrapposizione di abiti, ai completi larghi e alle fantasie strane o allo stile di strada, è anche moda dei nostri giorni non trovate?! Prendete spunto, non si sa mai, magari tornano anche i tacchi con altezze diverse, così come sono tornati i vestiti esagerati e pomposi, basta farsi un giro su siti come Asos per accorgersene.

 

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Giorgia Crescia
E voi cosa scriveresti sulle vostre informazioni biografiche?! Domanda per me estremamente difficile, ho sempre fatto una certa fatica nel descrivermi; diciamo che sono una grande chiacchierona ma sono molto interessata anche ad altri mezzi di comunicazione, nel mio caso specifico, la scrittura e la danza. Mi definirei una persona curiosa e per questo mi affascina spulciare tra le cose che ci sfuggono o che sono poco conosciute. Mi piace quindi scrivere di qualcosa che informi gli altri e che mi permetta di ricercare per poter ampliare il mio bagaglio di conoscenze.

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