Prendere il sole in città: la protezione è d’obbligo (anche in balcone)

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, sì, ma con le giornate sempre più tiepide è difficile non farlo sul balcone o in giardino. Il primo sole mette allegria, invita a scoprirsi e a trascorrere qualche momento di relax all’aperto, seppur in un contesto domestico per via dell’emergenza Coronavirus.

Anche le star ne stanno approfittando, da Chiara Ferragni, sul balcone di casa con occhiali da sole e maniche corte, a Gisele Bündchen, che si è arrossata un po’ troppo, fino ad Alessandra Ambrosio, che in giardino è in costume da bagno. Se abbronzatura deve essere, insomma, che lo sia come si deve.

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Sole in città: perché può fare danni alla pelle

Proteggere la pelle è un obbligo anche se non avete uno spazio esterno e avete semplicemente deciso di spostare la sedia o la scrivania davanti a una finestra. Non è infatti solo il sole in sé il responsabile di fenomeni di photo aging, ma in primo luogo la luce, che passa attraverso i vetri e le nuvole e colpisce la pelle.

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I rischi più comuni in città sono soprattutto legati alla comparsa di macchie cutanee, dalle lentigo senili, che di solito affliggono chi ha preso molto sole in età giovanile senza proteggersi sufficientemente, al melasma, o cloasma, una macchia che può avere cause ormonali e che può peggiorare con un’esposizione solare sbagliata. Oltre alle macchie, si può incorrere in discromie, perdita di tono e di luminosità.

Quali sono i benefici (anche sull’umore)

Guai, però a demonizzare il sole e i suoi benefici. Bastano 20-30 minuti al mattino o al pomeriggio per produrre Vitamina D, che l’organismo non genera naturalmente, né assimila abbastanza attraverso l’alimentazione. La sua importanza è fondamentale soprattutto per il benessere delle ossa, in quanto aiuta a prevenire l’osteoporosi.

Il sole, poi, dà un mano anche in caso di particolari tipologie di dermatiti, come quelle atopiche e seborroiche, perché ha un’azione antisettica, e produce serotonina, l’ormone della felicità, mai importante come in questo momento, in cui il cambio di stagione, periodo tradizionalmente molto delicato per chi tende a sindromi depressive, si accompagna alla complessa situazione dell’emergenza sanitaria.

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Vitamin ☀

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Come scegliere il solare giusto

L’SPF riportato sulla confezione si riferisce agli ultravioletti di tipo B, gli UVB, mentre il fattore di protezione contro gli UVA, quelli di tipo A, non può essere dichiarato, perché la comunità scientifica non riconosce un unico parametro per identificare tutti gli effetti che questo tipo di radiazione può avere sulla pelle. Il valore, però, è sempre proporzionale a quello degli UVB e varia dalla metà a 1/2. Quindi: un prodotto con SPF 50+, ad esempio, potrà avere una protezione UVA tra 15 e 22.

Cosa significa PA+?

Si legge da poco su creme&co, specie su quelle made in Corea, sempre più gettonate anche in Italia. Il fattore PA, seguito dal simbolo +, indica uno dei più alti livelli di protezione contro gli UVA, solitamente associato a un UVB 50+, per il discorso che gli UVA non sono facilmente classificabili. I prodotti più efficaci, sotto questo aspetto, hanno un PA tra 4 e 5. Le texture di ultima generazione pensano (quasi) a tutto. Il buonsenso, poi, è regola imprenscindibile, anche quando si parla di abbronzatura “a casa”.

Occhio agli infrarossi

E poi ci sono i raggi infrarossi, indicati come UVR o IR. “Snobbati” per anni, oggi compaiono sempre più spesso sui flaconi dei solari. E a ragione: da soli rappresentano circa il 53% delle radiazioni dannose per la pelle. Penetrano a fondo nell’epidermide, ma sono anche termici, in grado di oltrepassare le superfici, come gli abiti, ad esempio. Ecco perché sotto il sole è importante non solo proteggere la pelle con prodotti specifici, ma  anche fare il pieno di antiossidanti.

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