Lo chiamavano El Pibe de Oro perché con la palla tra i suoi piedi riuscì ad eseguire numeri semplicemente prodigiosi. Diego Armando Maradona, sessant’anni appena compiuti, è morto nella sua Buenos Aires tra lo sgomento generale di tutto il mondo.
Quando si parla di genio e sregolatezza, Maradona rappresenta l’esempio più lampante di questo connubio che caratterizza i grandi dello sport. E il piccolo ma grande argentino è stato il più grande di sempre nel suo sport, colui che, al di là dei numeri, ha lasciato ricordi indelebili sui campi di gioco.
Impossibile far capire la grandezza di un fenomeno in poche righe. Occorrerebbero volumi interi per descrivere le prodezze e le cadute del classe ’60 sudamericano.
Noi ne citiamo due, che destino vuole siano state realizzate nella stessa partita, quell’incredibile Argentina-Inghilterra, quarto di finale dei Mondiali di Messico 1970.
Stiamo parlando della Mano de Dios, il gol di mano che irritò i tifosi avversari, ma che esaltò gli spettatori del resto del mondo; stiamo parlando del gol più bello della storia, quella fuga da centrocampo e la rete realizzata dopo aver scartato da solo mezza squadra avversaria: gol da cineteca!
Poi le tante cadute, le dipendenze, gli episodi discutibili che non possono cancellare, in ogni caso, il talento sul campo. Lo sanno bene anche i tifosi del Napoli, che raggiunsero il punto più alto della loro storia in Italia (scudetti) ed Europa (Coppa Uefa).
Unanime il cordoglio da tutto il mondo di fronte a questa improvvisa scomparsa che ha lasciato tutti sbigottiti. Tra tutti, quello che con lui si divide il ruolo di più grande di sempre, vale a dire Pelè: “Un giorno giocheremo insieme in cielo”, le sue parole.
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