È successo a tutti noi almeno una volta: ci sforziamo di realizzare qualcosa, ma non vi riusciamo. Anche se gli dedichiamo tutta la nostra attenzione, forza ed energia, non avanziamo. La meta che tanto bramiamo diventa sempre più sfuggente e svanisce. Succede anche nei rapporti interpersonali: più cerchiamo di avvicinarci a una persona, più questa si allontana.
Quindi, quando finalmente gettiamo la spugna, ci chiediamo cosa abbiamo fatto di sbagliato. Ci guardiamo alle spalle, ci ossessioniamo e cerchiamo di individuare il passo sbagliato, il momento in cui abbiamo fallito, la parola fuori posto, il motivo per cui non ci siamo riusciti.
Ma sebbene possa sembrare una contraddizione, a volte falliamo perché ci sforziamo troppo. Perché a volte, per raggiungere un obiettivo, dobbiamo semplicemente calmarci e rilassarci un po’.
Cosa postula la legge dello sforzo inverso?
“Se non sai nuotare e cadi in acqua e cerchi disperatamente di restare a galla, pieno di angoscia, con tutta la naturale paura che hai di non saper nuotare, più ti muovi e ti agiti, più affonderai e più velocemente. La teoria dello sforzo inverso consiste semplicemente nel rilassarti, pensare che se sei calmo e riempi i polmoni d’aria, questo ti farà galleggiare e non affogherai”, scriveva il filosofo Alan Watts.
Con la legge dello sforzo inverso o legge del contrario, Alan Watts ci ricorda che, sebbene dobbiamo sforzarci per imparare, crescere e superare gli ostacoli, altre volte dobbiamo calmarci e rallentare affinché le cose vadano bene. Invece di andare avanti qualunque cosa accada, ci incoraggia a fare un passo indietro per assumere la distanza psicologica che ci consente di valutare appieno la complessità della situazione che stiamo vivendo.
Maggiore impegno non è sempre sinonimo di migliori risultati
In un mondo basato nella cultura dello sforzo, sfuggire allo stimolo a raggiungere qualcosa è particolarmente difficile e spesso viene anche confuso con apatia o mediocrità. Tuttavia, sovreccitazione, agitazione e precipitazione non sono buoni consiglieri, tanto meno in situazioni che richiedono riflessione, equanimità e tempo.
L’impulsività e la testardaggine ci impediscono di raggiungere il grado di lucidità necessario per comprendere meglio lo scenario in cui ci troviamo e valutare le nostre opzioni. Se ci agitiamo, ci precipitiamo e intraprendiamo azioni che dissipano la nostra energia a destra e sinistra, sarà più difficile per noi raggiungere il nostro obiettivo.
In quello stato, possiamo muoverci, ma non andare avanti, o almeno non nella direzione che vogliamo o alla velocità di cui abbiamo bisogno. Quando diventiamo ossessionati da un obiettivo o seguiamo ostinatamente un percorso, possiamo sprecare una grande quantità d’energia. In queste situazioni, la testardaggine ci impedisce di vedere e sfruttare altre opportunità.
Quando lottiamo per ottenere qualcosa, possiamo arrivare a un punto in cui sentiamo che non stiamo avanzando. A quel punto iniziamo a sentirci male per non aver fatto abbastanza e ci sforziamo ancora di più. Ci costringiamo a continuare. Ma la pressione serve solo ad aumentare lo stress e interrompere il nostro cammino.
Infatti, gli studi sulla produttività del lavoro mostrano che siamo davvero produttivi solo durante le prime quattro o cinque ore di ogni giornata lavorativa. Ciò che segue implica un notevole calo delle prestazioni, al punto che la differenza tra lavorare 12 e 16 ore al giorno è praticamente inesistente, eccetto per il fatto che ci castighiamo mentalmente e fisicamente.
La legge dello sforzo inverso spiega anche qualcosa di quotidiano come l’insonnia. Se ci svegliamo nel cuore della notte e non riusciamo a recuperare il sonno, la cosa peggiore che possiamo fare è pensare costantemente a come addormentarci di nuovo, perché ciò ci porterà alla frustrazione e ci terrà ancora più svegli. È meglio accettare la presenza dell’insonnia e lasciare che il corpo si rilassi gradualmente fino a cadere tra le braccia di Morfeo.
Lo stesso schema si ripete nelle relazioni interpersonali. Più desideriamo che una persona sia al nostro fianco e cerchiamo la sua compagnia, più è probabile che si senta soffocare e si allontani da noi. In questo modo, ciò per cui lottiamo così duramente finisce per sfuggirci. Ciò per cui lavoriamo così duramente, svanisce davanti ai nostri occhi.
L’atteggiamento corretto per applicare la legge di inversione
La legge dello sforzo inverso, anche conosciuta come legge di inversione, non è sinonimo di rassegnazione né spinge ad assumere un atteggiamento passivo. Al contrario, incoraggia la riflessione. Ci motiva a fermarci lungo la strada per valutare le circostanze e assumere il miglior atteggiamento possibile, sia per il nostro benessere che per il raggiungimento dei nostri obiettivi.
La legge dello sforzo inverso ci dice che è di scarsa utilità ottenere ciò che vogliamo se perdiamo l’equilibrio mentale o la salute lungo la strada. Ci avverte che “perseguire” o “legare” una persona non è sempre la migliore strategia per attirarla o mantenerla al nostro fianco.
Invece, ci propone di adottare una strategia diversa e imparare a fluire. Watts usava una metafora molto esemplificativa: l’acqua scivola via quando chiudiamo il pugno, ma possiamo trattenerla quando rilassiamo le mani a forma di ciotola.
Il mondo, le persone intorno a noi e persino noi stessi abbiamo bisogno di quello spazio vitale essenziale per essere e fluire. La pressione provoca un soffocamento psicologico che esercita una forza nella direzione opposta e ci allontana dai nostri obiettivi.
Anche Aldous Huxley disse: “più cerchiamo di fare qualcosa con volontà cosciente, meno successo avremo. Competenza e risultati arrivano solo a chi ha imparato l’arte paradossale del fare e non fare: unire il relax all’attività”.
Si tratta di renderci conto che c’è un tempo per perseverare e un altro per lasciar andare. Questo atteggiamento di distacco mentale ci permette di raggiungere i nostri obiettivi senza aggiungere tanta tensione, ansia o angoscia, con un atteggiamento più sereno e distaccato.
Come si ottiene?
Tutto inizia con la presa di coscienza. Cioè essere consapevoli che a volte non si può nuotare controcorrente ed è molto più intelligente lasciarsi trasportare. Questa intuizione ci permetterà di affrontare la situazione in modo diverso, grazie all’equilibrio che deriva dalla serenità e dalla temperanza, che a loro volta diventano due dei nostri migliori alleati quando si tratta di agire.
Alan Watts raccomandava di comportarci come uno specchio perché questo “non conserva nulla, non rifiuta nulla. Riceve, ma non trattiene”. Questo atteggiamento ci aiuta a intraprendere i nostri obiettivi con serenità, riflessione, comprensione e, in definitiva, azione.
Quando iniziamo a rilassarci, permettiamo anche ad altre facoltà di affiorare, come l’intuizione. Così impariamo a discernere quando è meglio agire e quando è meglio aspettare. Quando conviene andare avanti e quando conviene fermarsi. E soprattutto, proteggiamo la nostra salute e il nostro equilibrio lungo il percorso.
Fonti:
Collewet, M. & Sauermann, J. (2017) Working hours and productivity. Labour Economics; 47: 96-106.
Watts, A. (1994) La sabiduría de la inseguridad. Barcelona: Kairós.
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