Le relazioni difettose – È davvero possibile scegliere tra sicurezza e passione?

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Cara Ester,

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ho 30 anni e da quasi un anno vivo, a periodi più o meno alterni, in uno stato di confusione. Ti racconto come è nata e cosa è successo: estate di due anni fa, Io single, con la voglia di innamorarmi, conosco un ragazzo e iniziamo un rapporto a distanza.

Mi sento molto innamorata e progettiamo che lui venga vivere nella mia città al nord. Lui nel mentre ha altre offerte e decide di andare in una città diversa dalla mia, con buone intenzioni, per “avere un futuro migliore”, non si rende conto di quanto per me fosse fondamentale averlo vicino (vivo distante dalla mia famiglia).

Da li inizia per me  l’inferno: da che avevamo parlato di dove vivere insieme e tante cose belle a cui non avevo mai pensato, mi sento abbandonata, rifiutata da una scelta razionale, inizio a stare molto male.

Nel mentre cambio lavoro e nel nuovo ufficio conosco un collega molto intrigante. Lavoriamo insieme e ci conosciamo a livello lavorativo fino a quando, pur sapendo che io fossi fidanzata si espone.

Iniziamo a uscire qualche volta dopo lavoro per circa 2 mesi, prima delle ferie estive succede qualcosa e capisco di dover prendere una decisione. Vado in vacanza con il mio ragazzo e litighiamo sempre, torniamo e penso di volerlo lasciare per l’altro.

Provo a farlo ma non riesco e inizio a distaccarmi dal mio ragazzo e avvicinarmi all’altro, senza però mai finire davvero la relazione, fino a dicembre quando decido di lasciare il collega e tornare con il mio ragazzo seriamente.

Lo faccio ma tant’è a distanza per me è difficile, ho bisogno di qualcuno e penso a quanto il mio ex-collega fosse pazzesco, pur sapendo di non aver mai provato quello slancio emotivo di amore che provai per il mio ragazzo.

Alla fine lascio il mio ragazzo e torno dall’altro. Sono contenta, ma sento che a livello sentimentale non c’è quell’amore che vorrei e sento di nuovo il mio ex, tornando di nuovo nel loop del rapporto a 3, uno di persona e uno virtuale (uno vive nella mia città e l’altro no).

Sensi di colpa, qualche volta adrenalina ma in realtà tanta ansia e malessere e preoccupazione per non essere in grado di prendere una decisione.

So di dover chiudere con il ragazzo con cui non provo “amore” ma non riesco, perché mi dà sicurezza, attenzioni, compagnia e lo stimo molto fino a che non legge dei messaggi e chiamate con il mio ex e se ne va.

Da una parte per me è stato meglio così perché non ero in grado di prendere una decisione. A questo punto mi chiedo, come è possibile che pur sapendo che stessi sbagliando e facendo una cosa che mi avrebbe portato a stare male ho continuato senza riuscire a prendere una decisione?

Vivevo due realtà parallele e non riuscivo a venirne fuori. Ora chiaramente mi sento male perché so di aver sbagliato e averlo ferito, vorrei lavorare su me stessa e non tornare a fare gli stessi errori.

Attendo tua opinione in merito!
V.


La risposta

Cara V.,

Beati gli innamorati, perché il mondo crolla e chi se ne frega.
Non ci sarebbe proprio niente da dire perché fai tutto da sola e non te ne accorgi:

“Devo chiudere con il ragazzo per cui non provo “amore” ma non riesco perché mi dà sicurezza attenzioni e compagnia.”

Ti piace quell’altro, quello che scrive.

I veri vaccinati contro questa buffonata di scriversi provando incredibili slanci emotivi verso le chat sono quelli che negli anni zero erano giovani e fessi e fieri proprietari di relazioni a distanza.

Neanche la matematica poteva inventarsi un sistema sentimentale così bilanciato: ci si vedeva uno o due giorni a settimana, tempo per stancarsi non ce n’era, a discutere ci pensavi bene ché già le ore sono poche, vuoi sprecarle a questionare, chi me lo fa fare.

Nessuno doveva andare al supermercato controvoglia e si faceva subito domenica sera, l’ora del treno, l’ora dello struggimento, l’ora di levarsi davanti. E così lunedì mattina gli innamorati a distanza potevano tornare a sognarsi perfetti.

Che ricordi. Che fregature. Una relazione a distanza la consiglio a  tutti, per capire cosa non è l’amore. Quasi meglio dell’Anna Karenina.

Le relazioni scritte degli ultimi tempi mi pare somiglino tanto allo storico modello. Erano relazioni scritte senza internet. Giusto con le notifiche si scialava di meno. Gli sms costavano quindi si scriveva con più parsimonia. E foto ne giravano poche.

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Al solito: GAS o PAQ?

Per tornare alla somma divisione, già dicemmo che l’amore non conosce la mezza misura. Tel senso che le cose vanno come vanno e ti attacchi a uno dei seguenti due tram, per la millesima volta, eccoli:

1) Il Grande Amore Sessualissimo. Il GAS è indicatissimo al liceo, non raccomandato nel periodo dell’università, una iattura dopo i trent’anni. Capita sempre e finisce bene mai, senza eccezioni, pare guidato da una statistica sistemica.

I motivi dell’intensità di coppia? È intuitivo, sono gli squilibri. Nel GAS è sempre così: uno di più, uno di meno. I sentimenti fortissimi, quelli in grado di far sentire vivi alla massima potenza spiegati in breve sono questo: c’è una persona (tu), dentro una grande storia, che prende mazzate a volontà.

Seguono cinque minuti di tregua, e pare chissacché. Il buono quando è poco sembra ancora più buono, si sa. Nei fatti nessuno ti chiede veramente di restare, nessuno muore se te ne vai. È grande amore se l’altro può fare senza te.

2) Il Piccolo Amore Quieto. Il PAQ non è per i deboli di cuore. “Quelli con la testa a posto ti fanno praticamente morire di noia, e quelli che ti incantano scopri poi che sono matti”, scrive Philip Roth.

Serve resistere resistere resistere. Se dopo anni siete ancora lì a morire di noia, la parte importante di tutta la faccenda non è che morite di noia, è che siete ancora lì.

Che fare? Chi mi piglio? Essere vivi significa pensare prima alla salute o prima alla felicità? Ti servirebbe un mutuo per capire. Un mutuo lo consiglio a tutti, riordina le vite in gerarchie meglio di dieci anni di psicologo.

Sì ma ora muoviamoci con questa risposta, sto andando lunga.

So di dover chiudere con il ragazzo con cui non provo “amore” ma non riesco, perché mi dà sicurezza, attenzioni, compagnia.

Chissà se ti sei riletta, V., perché qui sei stata brava senza saperlo: c’è il problema eterno immenso dell’amore e c’è la soluzione, sostenibile e facilissima. Il PAQ va troppo bene a tutti, o almeno non va così male da volersene liberare.

Il perfetto fallimento

Hai scritto una eccellente composizione e scomposizione della cellula amorosa. I tre elementi chimici della buona riuscita e del perfetto fallimento:

1)      Sicurezza: tipico della persona perbene. Alla lunga, dall’altra parte: scatole rotte.

2)      Attenzioni: succede quando gli importa qualcosa. Alla lunga, dall’altra parte: scatole rotte.

3)      Compagnia: fine ultimo dell’amore. Alla lunga, dall’altra parte: scatole rotte.

Conclusione

Vedi, V. alla fine ogni amore degenera in scatole rotte. Perfino quell’amore sublime celeste e inox che dici tu farebbe quella fine, tolta la distanza.

La rottura di balle mitigata da momenti piacevoli è un processo irreversibile, è l’altro nome della stabilità.

Non è cambiato l’amore, siamo cambiati noi: nella società postindustriale invece di pensare che la mosceria matrimoniale è normale la gente ha preso a intristirsi e a cercare il modello nuovo per vedere se funziona meglio. Poi scopre che anche il modello nuovo va come quello vecchio, terzo divorzio a sessant’anni.

Avrei finito. Viene la tua parte, adesso. Tu che avresti capito, a parte sicurezza attenzioni e compagnia l’amore cos’è? Mettiti davanti allo specchio, voce alta, sii prosaica mentre te lo spieghi, niente poesie.

Ti viene da ridere, eh?

Nella vita appena inizi a preferire i fatti ai “come mi fa sentire”, ce l’hai fatta.

Inviate le vostre storie di relazioni difettose, complicate, attorcigliate, tormentate o semplicemente “incasinate” a [email protected] (e avrete le risposte)

Tutte le lettere di Ester Viola

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