Italiani in quarantena, tra incertezza e paure, ma con tanta resilienza

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Il terrore di perdere il lavoro

, l’ansia, la rabbia, la bulimia di cibo e alcol, ma anche di socialità via Web, le tensioni in casa acuite dalla convivenza continua e forzata. Il disagio per il distanziamento sociale e la mancanza di relazioni.

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Gli italiani non sono sereni, e come potrebbero colpiti improvvisamente da una pandemia che li ha costretti nel giro di 24 ore a cambiare radicalmente la loro vita? C’è sempre però l’animo fortemente positivo che li contraddistingue. E questo aiuterà senz’altro a riprendersi nel migliore dei modi. 

Italiani in quarantena

La fotografia degli italiani in quarantena scattata dall’osservatorio Mutamenti Sociali in Atto-COVID19 (MSA-COVID19), rileva un quadro piuttosto preoccupante. Ma non poteva che essere così, vista non sola la paura per la propria salute, ma anche per le conseguenze che il Coronavirus avrà sul futuro.

La ricerca

L’obiettivo dello studio realizzato dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irpps) insieme all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e alla Fondazione Movimento Bambino ONLUS, è quello di fornire informazioni su tre nuove condizioni a cui gli italiani si sono dovuti adattare.

Da quelle abitativa, a quella relazionale e lavorativa, analizzando nello specifico le attività quotidiane, l’uso di internet e l’iperconnessione, la violenza domestica, la fiducia sistemica e gli stati psicologici.

E voi come state vivendo la quarantena? Raccontatecelo!

I risultati hanno rivelato che il 73,1% del campione ha in questo momento un partner, con cui convive per il 56,7%, a fronte del 13% di persone che abitano sole. Circa la metà degli intervistati vive con almeno 2 o 3 persone. 

Chi lavora e chi no

Il 49,3% è impiegato a tempo pieno e per il 24,9% dei soggetti l’attività lavorativa è sospesa. Tra i rimanenti lavoratori, il 23,4% opera in smart working e il 10,8% si reca sul posto di lavoro.

Le paure maggiori

Le paure che riguardano le perdite economiche sono tra le più forti: circa 4 persone su 10, prevedono di andare incontro a gravi perdite economiche, più di una su 10 di perdere il lavoro o la propria attività, e due su 10 di andare in cassa integrazione. 

Ma anche il rischio di non riuscire a far fronte anche alle esigenze alimentari  è sentito circa da 3 persone su 10, soprattutto nel centro e sud Italia.

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Incertezza per il futuro

Lo studio evidenzia un’elevata incertezza per il futuro, che riguarda in particolare le donne (il 44,9% contro il 31,1% degli uomini) e chi possiede un titolo di studio medio-basso. 

A chi fa male la distanza sociale

Tra le emozioni primarie ci sono tristezza, paura, ansia e rabbia dovute al distanziamento sociale. La felicità ottiene il punteggio più basso. Le donne provano le stesse emozioni degli uomini, ma con maggiore intensità.

Le emozioni mostrano un andamento inversamente proporzionale all’età: gli over 70 hanno un’intensità emotiva più bassa rispetto ai giovani fino a 29 anni. La fascia 30-49 anni prova paura con maggiore intensità. Emozioni che risultano più accentuate nel Mezzogiorno, dato in contrasto con la minore diffusione del contagio, ma che potrebbe avere origine nel fatto che al sud l’interazione sociale è parte integrante delle persone

Depressioni e bulimia

Le condizioni di disagio prevalenti derivano: dall’assenza dell’interazione sociale, dall’aumento di stati depressivi, da disturbi di tipo alimentare e legati all’abuso del digitale e dell’alcool. 

Sui minori di 12 anni, il distanziamento da amici e nonni (rispettivamente 64,5% e 47,5%) sta producendo un forte disagio che porta ad un rilevante abuso di internet (33,5% a scopo di gioco e 19,2%per la comunicazione ).

Si ripresentano gli stereotipi

Riappare una visione stereotipata dei ruoli. Più di tutti quello per la donna di “riacquistare il suo ruolo naturale di madre e moglie” (sono d’accordo il 27% delle donne e il 37% degli uomini).

La presenza di stereotipi, che coinvolge il 16,1% degli intervistati, è maggiore tra gli uomini (circa il 20% vs il 10% delle donne), i non laureati, i credenti, nel Mezzogiorno, tra chi ha un orientamento politico di centro-destra e cresce con l’età.  

Per stare sul Web non c’è età

Tutti, indipendentemente dall’età, trascorrono in questo momento più tempo sui social: leggermente di più le donne, chi vive nel Mezzogiorno e chi non ha figli. Ma tale aumento di tempo su web, porta anche un incremento di emozioni e stati negativi quali rabbia, disgusto, paura, ansia e tristezza. Parallelamente, si evidenzia una diminuzione di felicità e rilassamento.

L’immersione di massa nel digitale, l’implicita legittimazione della trasposizione del reale sul virtuale, sta generando un’iperconnessione che potrebbe diventare un fattore patologico: circa la metà delle persone, il 44,5%, ritiene che la comunicazione virtuale (social, chat ecc.) possa sostituire quella personale (faccia a faccia).   

La convivenza forzata non aiuta

Il 57% dei soggetti convive in questo periodo con un partner o ex partner e il 15% dichiara che è possibile che si verifichi un atto di violenza psicologica commessa dagli uomini sulle donne e il 9% delle donne sugli uomini.

Il rischio di violenza fisica degli uomini sulle donne è percepito dal 13% e quella delle donne sugli uomini dal 3%. Il 5% di chi vive in coppia dichiara che il clima è poco collaborativo, pacifico e affettuoso. I genitori dichiarano inoltre che i ragazzi assistono alle loro liti nel 5% circa dei casi. Infine, il 6% di chi vive con un partner dichiara una seria preoccupazione per la stabilità di coppia a causa della convivenza forzata. 

Di chi ci fidiamo

Rispetto invece alla fiducia, raccolgono il più elevato consenso gli scienziati, la protezione civile, le forze dell’ordine e la sanità.

I più bassi livelli vengono invece attribuiti a politici, banche, informazioni diffuse sui social e Unione Europea (l’unica ad aver registrato un calo). Discorso a parte per le singole figure istituzionali: fiducia forte nel presidente della Repubblica, del Consiglio e nel Papa. 

E la resilienza?

Quanto alla capacità di fronteggiare, resistere e reagire positivamente a un evento stressante o traumatico, i dati evidenziano una capacità maggiormente focalizzata sulle emozioni positive (più gli uomini) e un po’ meno orientata al compito (più le donne).

La resilienza cresce con il livello di istruzione e l’età, la fascia 50-69enne è la più orientata al problema. Rispetto all’indicatore emozioni positive, il Nord ottiene il punteggio più alto e il Mezzogiorno il più basso. 

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