Le origini e l’evoluzione dello sport nelle culture e nelle comunità del mondo vengono raccontati dal regista Tomas Kaan nei sei episodi (di circa 40 minuti ciascuno) di ‘Human Playground: un mondo di sport’. La Terra è stata battuta centimetro per centimetro per poter scoprire da dove nascono le basi della connessione viscerale tra gli uomini e i giochi che più li appassionano.
Prodotta e narrata da Idris Elba per la piattaforma streaming Netflix, è interamente in inglese con la sola possibilità di mettere i sottotitoli in italiano. Tuttavia, a mio avviso, la calda e coinvolgente voce dell’attore e produttore cinematografico britannico non doveva e non poteva essere sovrastata da un altro interprete; inoltre, risulta molto semplice da capire per cui può diventare un ottimo allenamento per tenere attiva una seconda lingua.
Con le musiche motivazionali di sottofondo e le immagini di paesaggi mozzafiato realizzate con i droni, cercano di farci entrare nella mente e nel mondo di questi atleti (a volte) alternativi, sfruttando i loro lunghi respiri prima della partenza e le grida di incoraggiamento della folla per immergere lo spettatore nella situazione provata in prima persona dalla troupe.
Spingersi oltre i propri limiti fisici e mentali, è ciò che fa sentire un uomo vivo. Può essere una maratona nel deserto o un tuffo in un lago ghiacciato, non importa. È il dolore che permette di riconnettersi con la natura, ricordandoci continuamente qual è il nostro posto all’interno di essa, ma non per questo si ha paura di affrontarla. È questo il primo insegnamento dell’episodio d’esordio, ‘Sfidare la soglia del dolore’.
‘Un antico rituale’ (2) parte, giustamente, dalle origini delle civiltà, che si ritrovano a fare da ‘ponte’ tra passato e presente. Siano esse derivanti da un gioco di guerra o da una battuta di caccia, ciò che prima ci permetteva di sopravvivere, oggi è diventato una tradizione da tramandare di padre in figlio per ricordarsi innanzitutto da dove si è partiti, ma anche per intrecciare rapporti sempre più stretti con la propria famiglia e le proprie ‘fondamenta’.
Imparare a conoscere il nostro corpo, le sue forze e debolezze, è ciò che cerca di trasmetterci il terzo episodio, ‘Riti di passaggio’. Il fallimento, a volte, non è un’opzione, poiché per rendere orgogliose le persone intorno a noi si deve dimostrare sempre più di ciò che si ha effettivamente dentro. Questo vale, vedremo nella serie, per il kung-fu o per il sumo, tra altre discipline. La strada giusta è quella che ci permette di diventare più forti.
Con ‘Alla ricerca della perfezione’ (4), scopriamo di stare ‘giocando’ per imparare, per sopravvivere e per esplorare noi stessi e riuscire a crescere, ma anche per dimostrare di essere migliori degli altri e per ribaltare gli stereotipi, per esempio trasformandosi nel primo pilota da corsa donna in Palestina. La perfezione ha un significato diverso per ognuno di noi, ma arrivare a cercarla, in alcuni casi, serve anche letteralmente per salvarci la vita.
Nel penultimo episodio, ‘Campi da gioco divini’, lo sport diventa una vera e propria esperienza spirituale per tutti coloro che sentono il bisogno di cercare questo legame. Il nostro mondo è un ‘God’s playground’, un campo da gioco divino. C’è bisogno di stare in equilibrio fisicamente e mentalmente, tanto per scalare una montagna come il Monte Bianco quanto per assicurarsi un abbondante raccolto l’anno successivo. Il focus sull’obiettivo finale deve essere costantemente alimentato per non farsi vincere dal nervosismo.
Infine, ‘Grandi affari’ chiude il cerchio di questa docuserie rimarcando quanto le nostre passioni possano convertirsi (o magari lo sono già) in un enorme business. «Più grande è lo spettacolo, più grande è il business» (Idris Elba). Nessuno sfugge alla grande macchina del denaro ed è giusto sottolinearlo alla fine di questo ‘viaggio’.
In aggiunta, proprio in quest’ultima parte, si parla degli ormai famosissimi e apprezzatissimi E-Sports, ossia competizioni di videogiochi a livello globale, che contano ormai di un enorme seguito. Oggi l’unico vero limite nei campi da gioco e, di conseguenza, nel mondo degli affari, è la nostra pura immaginazione.
Si passa dalla storia delle origini dell’uomo alle competizioni digitali mondiali, dal voler superare i propri limiti per un gusto personale al doverlo fare per poter dare da mangiare alle famiglie. C’è chi vuole seguire le tradizioni della comunità e chi è praticamente costretto a farlo.
È un mondo variegato, infinito, e infiniti sono anche gli sport che l’uomo può arrivare a concepire. Ci basta poter provare una sofferenza inaudita, ascoltare una folla entusiasta oppure essere migliori degli altri per sentirci semplicemente vivi.
La mente umana è la più grande forma di forza di volontà presente in questo universo da noi conosciuto. Chi sarà disposto a spingersi ancora più in là?
L’articolo Human Playground: un mondo di sport proviene da Nati Sportivi.