Diffusione di responsabilità: se non tu, chi?

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diffusione di responsabilità

Nel 1968 gli psicologi John Darley e Bibb Latané lanciarono un esperimento che rivelò un fenomeno molto curioso: la diffusione di responsabilità. Reclutarono un gruppo di studenti universitari e li misero in cubicoli separati, ma potevano comunicare a distanza.

Dovevano semplicemente parlare a turno delle loro preoccupazioni accademiche. Ad un certo punto, uno dei giovani ebbe un problema apparentemente serio. A quel punto, i partecipanti dovevano decidere se sedersi tranquillamente o correre ad aiutare la persona.

Lo studio rivelò che solo il 31% delle persone si alzò per andare ad aiutare il giovane in difficoltà. Invece, l’85% delle persone si precipitò ad aiutarlo quando seppero che c’erano solo loro e non c’era nessun altro. I ricercatori notarono una regola: più aumenta il numero di potenziali aiutanti in una data situazione, più si riducono le probabilità che venga offerto aiuto, una tendenza legata all’effetto Bystander.

Cos’è la diffusione di responsabilità?

La diffusione di responsabilità è un fenomeno psicologico che di solito si verifica nei gruppi. La presenza di altre persone, o talvolta il semplice fatto di sapere che esistono o hanno qualche implicazione, fa sentire un individuo meno responsabile della situazione e, quindi, assume un atteggiamento passivo, lasciando che gli altri prendano il controllo.

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La diffusione di responsabilità non avviene solo tra gruppi di estranei, ma si riscontra anche negli ambienti di lavoro, quando ciascun dipendente si aspetta che l’altro si occupi dei compiti più ingombranti. Infatti, uno studio condotto presso la Clemson University ha rivelato che quando un gruppo di persone deve lavorare per raggiungere un obiettivo comune, ogni individuo in media lavora meno rispetto a quando lavora da solo.

La diffusione di responsabilità avviene anche nell’ambiente familiare, quando ciascuno si aspetta che l’altro si assuma la responsabilità della risoluzione dei problemi. E si verifica nelle coppie, quando entrambi i membri si accusano a vicenda e cercano di sfuggire alle proprie responsabilità nella relazione depositandole sull’altro.

Il percorso più semplice non è sempre il migliore

Da un punto di vista evolutivo, la diffusione di responsabilità ha senso in quanto ci aiuta a ridurre i rischi a cui ci esponiamo. Tutti, infatti, tendiamo a scegliere automaticamente la via di minor resistenza per risparmiare risorse fisiche e psicologiche. Ma se tutti hanno la tendenza a scaricare la responsabilità sugli altri, chi aiuterà? Chi prenderà le decisioni importanti? Chi promuoverà il cambiamento necessario?


Quando la responsabilità è diffusa tra molte persone, ciascuna di esse avrà meno probabilità di agire. È più probabile che si lascino trascinare dalle circostanze o seguano la folla, assumendo un atteggiamento passivo e rassegnato. Il fenomeno della diffusione di responsabilità, infatti, è anche alla base delle atrocità commesse nella storia dell’umanità, semplicemente perché la stragrande maggioranza delle persone si aspettava che gli altri agissero.

La diffusione di responsabilità può portare anche all’immobilità. Se aspettiamo che gli altri agiscano, è probabile che i problemi non vengano risolti e, nel peggiore dei casi, continueranno a crescere. In questo modo ci condanniamo a un circolo vizioso d’insoddisfazione in cui ci limitiamo a lamentarci che le cose stanno andando male, sperando che gli altri le sistemino al posto nostro.

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Assumersi la responsabilità e cambiare le cose

La presenza di altre persone riduce la nostra percezione di autoefficacia, generando una maggiore ambiguità nella responsabilità e una diminuzione della sensazione di controllo. In altre parole, quando ci sono più persone, crediamo che dovremmo assumerci meno responsabilità e dare più controllo agli altri.

Tendiamo ad essere più felici lasciando che gli altri gestiscano le situazioni difficili per noi. È più facile sedersi e sperare che gli altri si prendano i rischi e le responsabilità.

Ma affinché le comunità di qualsiasi dimensione si evolvano, devono esserci persone che si oppongono a questa tendenza. Le famiglie, le comunità o le società hanno bisogno di persone proattive che siano disposte a prendere decisioni, farsi avanti e assumersi la responsabilità.

Possiamo vivere evitando i problemi, mettendo peso e responsabilità sulle spalle degli altri, ignorando il principio di interdipendenza senza essere consapevoli che “ci salviamo insieme o affondiamo sepatrati”, come scriveva Juan Rulfo.

Oppure possiamo vivere assumendoci la responsabilità. Prendendo le decisioni. Andando contro la massa quando pensiamo che abbiano torto. Facendo il primo passo. Cambiando ciò che deve essere cambiato. E per questo non ci resta che chiederci: “Se non io, chi?”

Fonti:

Karau, S. et. Al. (1993) Social loafing: A meta-analytic review and theoretical integration. Journal of Personality and Social Psychology; 65(4): 681-706.

Darley, J. M. & Latané, B. (1968) Bystander intervention in emergencies: Diffusion of responsibility. Journal of Personality and Social Psychology8(4, Pt.1): 377–383.

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