Sono sinceramente caduto in un baratro creativo dovuto alla mancata qualificazione al Mondiale di Calcio.
Nonostante la mia fede calcistica viaggi a prescindere i Mondiali hanno sempre rappresentato un appuntamento emozionale al quale sono particolarmente legato.
Dopo essermi preso delle settimane per assorbire la delusione, dopo aver riposato e meditato durante la Pasqua, la Festa dei Lavoratori, ritorno in pista.
Ritorno a “ballare” sul Calcio Italiano, molto più di un semplice argomento di dibattito, motore di unione/divisione e partecipazione sociale, riflesso culturale e risposta educativa.
Esagerato? No.
In uno dei precedenti approfondimenti, o meglio riflessioni, ho parlato di una Morte Annunciata, ne ho tratto qualche conclusione e sono sempre più convinto che il Calcio Italiano non sia malato ma sia vittima di se stesso.
Vittima della mancanza di pianificazione e di prospettiva, di mancato orgoglio nazionale e del riconoscimento delle identità che lo hanno reso vincente.
Ma se vogliamo fare un’analisi corretta dobbiamo partire dai principi, dal valore, dalla base sulla quale viene sviluppata la pianificazione e conseguente programmazione.
Cosa siamo.
Cosa rappresentiamo.
Cosa abbiamo fatto e sappiamo fare bene.
Catenacciari e presuntuosi.
Rumore per molti, musica per pochi.
Ma entriamo in profondità e per farlo non dobbiamo puntare al rumore, quello degli esterofili, ispanici, guardiolisti, esteti e fluidi ma nell’essenza dei pochi che possono preservare l’identità vincente di un paese che ha smesso di insegnare e che deve solo mettersi nelle condizioni di imparare, soprattutto da chi ha insegnato a nessuno.
I pochi. Quelli che vogliono formare i difensori e non i difendenti, quelli che devono trasformare il motto “Non prenderle…” in “Saper Difendere per Vincere”.
Perché chi difende è attaccato ad una causa, a se stesso, a ciò che rappresenta, all’orgoglio di chi resiste e risponde all’aggressore.
Quelli che devono strutturare, far crescere atleti moderni in un calcio che resta lo stesso, sapendo interpretare l’evoluzione della velocità, della fisicità e della dinamicità del gioco e non cambiare la struttura del giocatore a favore di uno spettacolo evanescente.
Perché nella storia il Calcio Italiano ha potuto fare a meno del 9 ma è sempre dipeso dal 5.
Andare avanti vuol dire tornare indietro guardando al futuro.
Tornare ad essere compatti, irriverenti, furbi, cattivi.
Stringersi e chiudersi al cospetto dell’apertura e dell’eleganza riprendendo una strada certa, vincente, che abbiamo abbandonato accecati da uno stile diverso. Ci siamo sempre saputi vestire, ci siamo sempre fatti invidiare, abbiamo ceduto alle sirene che ci facevano sentire sbagliati.
Ricostruire su qualcosa che sapevamo fare meglio degli altri, proprio come hanno fatto gli altri.
La Germania dopo il 1996 ha ricostruito i vivai sulla propria identità che non è vacillata ne messa in discussione, gli è stato data solo una versione che rispettasse tempi e ritmi.
Partire dalla base della piramide ed arrivare alla cima, con una sensibilizzazione tecnica, agevolazione economica e coinvolgimento del settore professionistico attraverso unq pianificazione che scelga chi sceglie l’Italia come valore e non come meta.
Scegliere chi crede in Noi.
E chi meglio di chi parte dal basso e ambisce a difendere ciò che ama.
Perché Difendere è un atto d’Amore.
E se questo vorrà dire apparire Catenacciari e Presuntuosi fuori dalle nostre mura allora lo saremo con Orgoglio sventolando la bandiera di chi ha scritto la storia del Calcio, sapendo in cuor nostro di dover rubare con gli occhi il meglio degli altri e non i loro valori.
Poi dovremo pianificare e dal campo si passa alla scrivania. Dal Tecnico al Dirigente.
Menti non illuminate ma educate, le prime che devono credere nel valore tecnico espresso in precedenza esaltandolo, spingendolo, facendolo avvertire come l’idea migliore per arrivare all’obiettivo.
Il Progetto che diventa Squadra.
La Squadra che si compatta e cerca la Vittoria.
Pianificare lo sviluppo di un’idea è una delle cose più rischiose e difficili da fare. E la cosa più difficile non è farlo risultare vincente non dipendendo dalla vittoria stessa, andare avanti nonostante tutto e nonostante gli altri.
E per quello che riguarda l’Italia nonostante noi stessi. Che sappiamo vestire i panni dell’accusato, dell’accusatore, dell’assassino e della vittima.
Il Dirigente è quello che utilizza e presenta il più alto grado di Orgoglio, di ostentazione territoriale, il primo grande Difensore.
Degli investimenti e del simbolo sul petto.
I primi Italiani che scendono in campo.
Ultimo passo programmare il confronto internazionale, la crescita, le sconfitte. Programmare ogni piccolo passo e la costruzione degli attori, l’insegnamento del valore che supera le generazioni, che consolida l’estensione andando oltre confine.
Un processo lungo, faticoso, probabilmente discutibile ma che si riassume con una semplicità disarmante in Credere in Noi Stessi.
Riprendiamo la Strada, torniamo a Correre.
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