Coronavirus, le donne meno colpite: qual è il segreto del loro sistema immunitario?

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Il nuovo coronavirus è meno cattivo con le donne

: benché con il passare delle settimane il trend che vedeva maggiori contagi tra gli uomini si sia capovolto – secondo Gianni Rezza dell’Istituto superiore di sanità, anche per la prevalenza femminile tra i lavoratori sanitari e gli ospiti delle Rsa – la letalità (deceduti su positivi) è rimasta nettamente sbilanciata dalla parte maschile: più elevata, anche fino a tre volte tanto, negli uomini di tutte le età (tranne tra gli ultranovantenni, probabilmente perché le donne hanno una vita media più lunga). 

Nell’epidemia il sesso forte è quello femminile: una constatazione che, ancora in fase 1, ha spinto la virologa Ilaria Capua a ipotizzare che le donne avrebbero potuto tornare al lavoro per prime. Non è un caso. 


Le donne hanno una “fibra” più resistente

Il perché lo spiega Carlo Selmi, responsabile di Reumatologia e Immunologia clinica dell’istituto Humanitas di Milano e docente alla Humanitas University, nel suo libro Fortissime per natura. Perché le donne sono immunologicamente superiori (Piemme edizioni). «La continuazione della specie – di tutte o quasi – dipende soprattutto dalle femmine, e perciò la natura le ha premiate, soprattutto negli anni fertili. Anche perché sono le donne a passare gli anticorpi al feto, attraverso la placenta. Vale sia per l’immunità innata, cioè la reazione difensiva dell’organismo a corpi estranei presente fin dalla nascita, che per l’immunità acquisita, basata cioè sugli anticorpi prodotti dopo che siamo venuti in contatto con una malattia. O grazie ai vaccini, ai quali le donne rispondono meglio, sviluppano meno infezioni e, quando succede, in maniera più moderata. E anche i tumori colpiscono gli uomini circa due volte di più». 

Gli estrogeni aiutano contro l’infezione

Sull’epidemia Covid-19, c’è anche un’altra possibile spiegazione, suggerisce Elena Ortona, primo ricercatore del Centro di riferimento di Medicina di genere dell’Istituto Superiore di Sanità: il virus penetra nelle cellule dell’epitelio polmonare dopo essersi legato a un recettore, l’ACE 2, una proteina che normalmente serve a proteggere i polmoni. Le donne hanno più ACE2 grazie anche agli estrogeni: una “abbondanza” che le mette più al riparo, perché quando il virus si “impadronisce” delle proteine ACE2 ne riduce l’effetto-barriera. Studi immunologici sulle donne – oltre che su giovani e bambini, pure meno colpiti da Covid-19 forse grazie al sistema immunitario più “flessibile” e quindi più pronto a reagire anche contro virus ancora sconosciuti – potrebbero aiutare anche gli uomini, per esempio nella possibile messa a punto di nuovi farmaci “unisex” basati sul ruolo protettivo degli estrogeni.

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Il punto debole dell’immunità

Le donne sono anche le più colpite dalle malattie autoimmuni, però. Ci difende un esercito più agguerrito ma anche più irascibile? «È vero: l’infiammazione cronica e le patologie in cui il sistema immunitario si ammala contro se stesso – come l’artrite reumatoide o il lupus eritematoso sistemico – colpiscono per l’80 per cento proprio le donne, soprattutto giovani. Ma è una sorta di eccezione che conferma la regola: il sistema immunitario reagisce solo quando deve – cioè quando c’è un vero nemico – nella stragrande maggioranza dei casi» risponde Carlo Selmi. 

I molti punti di forza delle donne

Una miglior reazione delle donne si è osservata anche nella epidemia Covid-19: quali sono le ipotesi scientifiche avanzate per spiegarlo?

1. «La prima è la risposta immunitaria più energica contro le infezioni.

2. Poi la femmina dei mammiferi ha due cromosomi sessuali X, mentre il maschio ha un cromosoma X e uno Y. Il cromosoma X ha pochi geni, ma molti correlati al sistema immunitario. Tutti gli altri cromosomi sono doppi e, se uno dei due non funziona, può subentrare l’altro: ma per quanto riguarda i cromosomi sessuali il meccanismo si può avere solo nelle femmine. Il recettore principale del virus, ovvero ACE2 (a cui si è fatto riferimento in precedenza, ndr), si trova sul cromosoma X: le donne ne hanno due copie, quindi potrebbero avere una maggiore resistenza all’infezione perché dispongono di una maggiore variabilità di risposta all’attacco.

3. Terza ragione: gli estrogeni femminili hanno un effetto anti-infiammatorio, tanto che fino alla menopausa le donne hanno un minore rischio di malattie cardiocircolatorie, mentre in gravidanza, quando questi ormoni sono al top, i sintomi di malattie come l’artrite reumatoide regrediscono».

Foto Olycom

Quanto conta il fattore fumo

Il virus sembra avere un impatto meno violento sulle donne ben oltre la menopausa, però… «Potrebbe entrare in gioco lo stile di vita: è una generazione di donne che ha fumato molto meno rispetto ai coetanei maschi che, quindi, ha polmoni più sani. Studi in Cina indicano un rischio triplicato di polmonite severa nei fumatori, mentre i dati sul ruolo dell’inquinamento non sono ancora conclusivi. Secondo studi americani, poi, le donne sono più ligie nel lavarsi le mani, evitare code e usare le mascherine».

La gravidanza fa da scudo?

In quanto alla gravidanza, non sembra che esponga a un rischio maggiore di contagio. «Io sarei prudente. I dati sono ancora parziali: i ginecologi e coloro che si occupano di immunologia della gravidanza sono terrorizzati dalle infezioni virali, come il citomegalovirus che può causare aborto spontaneo oppure, più di recente, per il virus Zika, in Brasile. Il nuovo coronavirus non sembra così pericoloso, ma sospenderei il giudizio: il trimestre in cui avviene l’infezione può fare la differenza, il primo è il più a rischio, e per ora non ne sappiamo quasi nulla. È vero però che la gravidanza è un momento straordinario da un punto di vista immunologico, visto che la donna deve “tollerare” una creatura che al 50 per cento è “estranea” perché ha i geni del padre».

Doctor examining belly of pregnant woman

Che cosa si sa su dieta e virus

Anche l’alimentazione potrebbe avere un ruolo difensivo? «Qualsiasi sostanza contenuta negli alimenti può modificare il sistema immunitario, e in provetta lo si vede di continuo: dai laboratori arrivano i claim sulle etichette di alimenti e integratori che proclamano “ha effetto anti-infiammatorio”. Ma nella pratica? Quando chiedo alle pazienti con artrite reumatoide se hanno notato alimenti che peggiorano o migliorano i loro sintomi tutte dicono di sì. Ma ognuna per cibi diversi. È vero però che tra le popolazioni che seguono la dieta mediterranea l’artrite reumatoide è meno diffusa rispetto a quelle che hanno altri stili alimentari. E di certo il peso in eccesso è nostro nemico, perché gli adipociti producono citochine infiammatorie e ciò spiega perché tutte le malattie autoimmuni e infiammatorie croniche vadano peggio in chi è sovrappeso o obeso. Per proteggerci, è consigliata la varietà, con un occhio di riguardo per cereali integrali, pesce – soprattutto quello azzurro, ricco di omega-3 – legumi, frutta e verdura, ogni tanto una fettina di carne che fornisce zinco. Al minimo, invece, zuccheri semplici e grassi “cattivi” di bibite, merendine, cibi confezionati, fast food. Utili anche prodotti fermentati come yogurt, kefir e miso».  

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