Anne Parillaud compie oggi 60 anni
. A molti non susciterà nessuna vibrazione questo nome, mentre di certo le immagini sì. Perché sono principalmente, anzi tutte, quelle di un film che le ha donato una popolarità immensa: Nikita (uscito nel 1990 e lì lì per festeggiare il trentennale). Mutuando un’espressione dal mondo musicale, Anne è dunque una one-hit woman: un’attrice cioè famosa solo per un ruolo? Sì, almeno per il popolo. Anche se esperti cinefili infatti, sono pochi gli altri titoli da estrarre per chiudere il cerchio della sua carriera.
Amore all’ultimo morso di John Landis, per esempio, ma come Un tram chiamato desiderio per Vivien Leigh – per sempre Rossella O’Hara – si tratta di un film che arriva molto, moltissimo dopo, sulla punta della lingua. E comunque altro che frignare, chi è quella professionista che non vorrebbe centrare un ruolo come Nikita. Diretta da Luc Besson, all’epoca suo marito, Anne Parillaud continua a collezionare fan per quel ritratto asciutto di una tossicomane condannata all’ergastolo e poi trasformata dal governo francese in uno degli agenti sotto copertura più letali del settore.
Marie vs Joséphine
Continua a sedurre perché di lei non sappiamo nulla, è un corpo flessibile che racchiude un grumo di sentimenti contraddittori. E ancora di più di Ripley, l’eroina femminile action che però è costretta dagli eventi a raccogliere le forze, Nikita è già allenata per il contrattacco. In più è un’assassina di strada, e in un film parteggiare per le guardie non è mai divertente come per un delinquente. Prima che si abbandoni al sistema poi, che le offre un’ultima possibilità attraverso il tutore Bob – del resto dove altro si era mai vista una naturalmente così dotata –, si ribella e infine cede. Ma chissà che progetti ha una volta libera, questa nuova Marie, il cui nome in codice per le missioni è invece Joséphine. Basta sentirlo al telefono che muta in un automa.
Per fare un film diceva il regista D. W. Griffith basta «una ragazza e una pistola», Nikita ci aggiunge la parte dell’addestramento; e quella che oggi si chiama makeover, lezioni di seduzione condotte da Jeanne Moreau, ex maîtresse a cui bastano due scene per lasciare il segno. In entrambe eccelle e surclassa i maestri, a quello di arti marziali rifila un ceffone ancora prima di avere imparato una sola posizione. Tra ironia e fatalismo, e una regia asciutta che lavora per economia, Nikita ha ricordato al cinema – e a Hollywood – che la regola di Griffith non era mai stata applicata a dovere. Di più, che si poteva utilizzarla senza cedere all’obbligo della “macchina ammazzatutti”.
Ravioli al posto di hamburger
Lo fa il cinema europeo – ironia ulteriore – creando un modello esportabile, da ripetere all’infinito, copiato e citato in film, videogiochi e libri, ancora oggi. Con Parigi al posto di Los Angeles, i ravioli in scatola al posto degli hamburger. E l’umanità disperata di una ragazza finalmente innamorata ma troppo taciturna per il suo Marco, il cassiere che trascina a casa assalendolo a fine cena, perché è «passato molto tempo dall’ultima volta». Dove sono i suoi parenti? Gli amici? Qual è il suo passato? Sospesa tra due mondi, Nikita è in stallo. Una situazione ben diversa da trovare la via di fuga dopo un’esecuzione.
Si racconta che Besson abbia riscritto mezzo film seguendo l’evoluzione del personaggio creato da Anne Parillaud, sulle sue modulazioni. Se dunque vedere Nikita assemblare in fretta un fucile raccogliendo i pezzi come un puzzle non è l’unico motivo affascinante del film, è soprattutto per merito suo. Al cinema si sta dalla parte dei delinquenti, se delinquenti sexy ancora meglio; ma si sta dalla loro parte anche per gli impasse, gli ostacoli, le scelte irrevocabili.
La sua è quella di liberarsi della Direction générale de la sécurité extérieure (DGSE) e delle sue missioni, l’ultima con “l’eliminatore” Jean Reno è stata un disastro di sangue. Aveva ragione Griffith, ragazze e pistole è una formula vincente; ma avevano ragione anche i Guns N’ Roses con fucili e rose: per non sparare più Nikita lascia Marco.
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