Alessio Vassallo: «Nell’800 di Andrea Camilleri i mali dell’Italia di oggi»

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Dopo il successo di La mossa del cavallo e La stagione della caccia – che hanno entrambi superato il 30 per cento di share –  l’immaginifico mondo di Vigata, nato dalla penna di Andrea Camilleri, torna stasera in tv su Rai1. Grazie al ciclo di film per la tv denominato C’era una volta Vigata. Diretto da Roan Johnson, La concessione del telefono vede protagonista questa volta il commerciante di legnami Pippo Genuardi, interpretato dall’attore palermitano Alessio Vassallo, amante delle donne e della tecnologia.

Smanioso di ottenere una linea telefonica privata, il giovane si infilerà in un pasticcio più grande di lui, mettendo in moto un meccanismo perverso. Che lo porterà a fare i conti con la Mafia locale e le beghe di Stato. Una commedia farsesca ed esilarante dunque, ma anche un vero e proprio j’accuse sarcastico contro le storture e le contraddizioni della Sicilia e forse dell’Italia intera. Abbiamo incontrato Alessio Vassallo per saperne qualcosa di più.

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Alessio Vassallo, cosa ci può raccontare in più sul suo personaggio?
Pippo Genuardi è un commerciante di legnami che, a causa del suo dongiovannismo impenitente, si caccerà in una serie di guai seri. La sua colpa? Aver chiesto l’installazione di una linea telefonica per parlare con la sua amante. E da lì inizierà quasi un viaggio omerico, una sorta di Odissea siciliana di fine ‘800. E’ un personaggio tragico e ridicolo al tempo stesso e questo grazie alla scrittura potente di Camilleri.

Condivide qualcosa con un personaggio come quello di Pippo Genuardi?
Anche a me capita spesso di trovarmi in qualche pasticcio. Soprattutto sentimentale. Però solitamente, in amore come in amicizia, cerco sempre di fare un passo indietro, a differenza sua. Prendendomi a volte delle colpe non mie.

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La concessione del telefono era il libro preferito del suo autore Andrea Camilleri. Oltre ad essere anche uno dei suoi romanzi più acclamati da pubblico e critica. È riuscito a incontrarlo prima della sua scomparsa lo scorso anno?
Camilleri è morto poco dopo aver dato l’ok definitivo alla sceneggiatura ma ho avuto la fortuna di incontrarlo qualche volta in passato. La prima volta nel 2012, quando facevo parte del cast della serie Il giovane Montalbano nella quale interpretavo Mimì Augello. Ma la più emozionante è stata nel 2016 quando in Campidoglio ricevette la cittadinanza onoraria della città di Agrigento. Mi chiesero di leggere qualche pagina di Pirandello durante la cerimonia. La sua cecità era già avanzata così mi avvicinai dicendogli “Andrea, sono il giovane Mimì” e lui, toccandomi il viso, mi rispose “Sei diventato grande”.

L’episodio è una commistione perfetta di commedia grottesca, satira e dramma. E la cosa più sorprendente è la sua attualità, pur essendo una storia ambientata a fine 800, nel denunciare i mali inestirpabili della società italiana…
È una montagna russa di generi sì e il regista Roan Johnson è riuscito a rendere molto bene la complessità del romanzo. Che dipinge alla perfezioni alcuni mali della nostra società come la stupidità umana, le istituzioni e la burocrazia. Qualcosa che, a distanza di quasi due secoli, ancora rovina e blocca il nostro Paese.


Questa è la terza collaborazione fra lei e Roan Johnson. Iniziata nel 2013 con il film Fino a qui tutto bene, piccolo cult che vinse il premio del pubblico alla Festival internazionale del film di Roma…
Ai tempi di Il giovane Montalbano, conoscevo già Roan. Avevo visto il suo film d’esordio I primi della lista e lo ammiravo molto. Poi nel 2013 mi chiamò per raccontarmi del film che aveva appena finito di scrivere: Fino a qui tutto bene. Roan mi disse che non c’era budget ma che sperava di portarmi in questa avventura. Non esitai un attimo. La storia di quel gruppo di studenti fuori sede mi colpì moltissimo perché descriveva perfettamente quella sorta di linea d’ombra fra la fine dell’adolescenza e la vita adulta.

Il cast di La concessione del telefono è ricchissimo. Da Fabrizio Bentivoglio a Corrado Guzzanti. Come si è trovato a lavorare con due mostri sacri del loro calibro?
Sono due professionisti straordinari e umilissimi allo stesso tempo. Con Guzzanti ci siamo solo sfiorati fra un set e l’altro perché, purtroppo, non compariamo mai nella stessa scena. Fabrizio invece è il co-protagonista e pur essendo un milanese “doc” è riuscito a interpretare magnificamente la parte del mafioso Don Lollò Longhitano. Credo che sia riuscito a creare addirittura un nuovo personaggio, quello del “cumenda” siculo. Con lui c’era un rapporto magico. Anche perché, a differenza di molti, è un attore che ascolta gli altri e che fa tesoro delle idee altrui.

Lei ha già dimestichezza con il mondo di Camilleri, avendo interpretato la serie Il giovane Montalbano. Qual’è il suo rapporto con il Montalbano adulto?
Ti confido qualcosa che non ho mai detto in un’intervista. Quando feci il provino per Il giovane Montalbano, nel 2012, non avevo mai visto un episodio de Il Commissario Montalbano con Luca Zingaretti. La serie era nel pieno del suo trionfo di pubblico ma io mi sono sempre rifiutato di vederlo. Perché rosicavo. Da attore siciliano mi faceva soffrire il fatto che non mi avessero mai chiamato, anche per un piccolo ruolo. Sono convinto però che questa mia “ignoranza” sia stata la mia carta vincente. Andai al provino ignaro, ero come una pagina bianca e credo che fu questa mia “verginità” a conquistare il regista Gianluca Maria Tavarelli. Poi ho recuperato tutti gli episodi.

Come e quando ha mosso i primi passi nel mondo della recitazione?
Per caso. Da ragazzino volevo fare il carabiniere. Poi da adolescente fui operato di appendicite e nella mia stessa camera c’era un insegnante di teatro di Palermo. Così, durante i giorni post-operatori, deliziandomi con i suoi racconti, mi ha aperto un mondo. Da lì è nato tutto. Prima l’Accademia d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, poi un laboratorio con Luca Ronconi. E ora eccomi qui.

L’attore palermitano Alessio Vassallo (Foto di Davide Bonaiti)

Cosa le riserva il futuro?
Ero in procinto di girare un film con Claudia Gerini dal titolo Mancino naturale. Ovviamente è tutto bloccato. L’importante ora è stare a casa e seguire le direttive. Ma se ci sforziamo forse un risvolto positivo a questa tragedia c’è. Ed è quello che quando usciremo da questa crisi, forse riscopriremo il contatto umano dopo anni di ubriacature social. Siamo animali da condivisione e questa cosa farà sempre parte di noi.

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