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12 aprile 1961, verso l’infinito e oltre

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12 aprile 1961, una data che nella storia dell’uomo diventerà epocale. Da quel giorno nulla sarà come prima, perché il mondo conosciuto non sarà più quello di prima.

Nella millenaria storia dell’uomo vi sono personaggi che la marchiano a fuoco, dandole un senso nuovo, orientandola in una direzione dove nessuno, fino ad allora, poteva immaginare potesse dirigersi. Vi sono personaggi che con il loro coraggio hanno aperto strade che tutti, fino ad allora, ritenevano impercorribili. In un ipotetico podio, all’interno della millenaria storia dell’uomo, un posto è riservato esclusivamente a lui. Il suo nome è Jurij Gagarin.

Jurij Gagarin iniziò il suo appuntamento con la storia esattamente il 12 aprile 1961, nella sua navicella denominata Vostok 1. Da Mosca iniziò la corsa dell’uomo verso lo Spazio, verso il superamento dei confini terrestri ed umani. Era una volontà di dimostrare che l’intelligenza dell’Uomo non ha limiti come non ha limiti lo Spazio. Jurij Gagarin era all’interno di quella navicella, che alla partenza sputò fuoco per raggiungere il cielo, verso l’infinito e oltre.

Il mondo diviso in due

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Nel 1961 il mondo era spaccato in due. Due blocchi contrapposti, l’un contro l’altro armato. Unione Sovietica e Stati Uniti si sfidavano in una folle e continua corsa, obiettivo: dominare il mondo. La conquista dello Spazio sarebbe stata un’enorme cassa di risonanza, in termini di immagine, per la propaganda sovietica. Jurij Gagarin era soltanto una piccola rotella all’interno di questo folle meccanismo. Quello che contava era il risultato finale, se poi, qualcuno, fosse rimasto vittima di quell’esperimento, pazienza. Dopo un po’ qualcun altro avrebbe preso il suo posto per un nuovo tentativo. 

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Ne era consapevole? Non si sa. Quello che è certo è che Gagarin voleva diventare eterno. Per diventare eterno doveva entrare nell’Eternità dalla sua porta principale. Sfidandola. Squarciandola con la sua navicella. Sapeva che, qualora le cose non fossero andate come tutti speravano che andassero, un posto nella storia umana lo avrebbe comunque ottenuto. Ma sarebbe stato un posto decisamente minore, quello riservato agli sconfitti, audaci, coraggiosi ma pur sempre sconfitti. Anche di questo ne aveva piena consapevolezza, mentre si avviava, a piedi, per accingersi a salire sulla sua navicella. Sapeva che quello si sarebbe potuto trasformare nel suo ultimo viaggio. Quel cielo che aveva sempre ammirato dalla terra, poteva diventare la sua tomba. Ma partì ugualmente.

12 aprile 1961

Un’icona senza tempo

Se dopo sessant’anni lo celebriamo come un’icona è perché la sua vita è stata iconica. Aveva soltanto ventisette anni quando ci raccontò che la Terra, vista da lassù, era tutta blu. La sua Terra rimaneva giù, più piccola di una pallina da golf. Lo immaginiamo con il suo volto appoggiato all’oblò a contemplare un’eternità infinita. In quei momenti gli saranno ritornate alla mente anche le fantasie del bambino Jurij, che nella sua cameretta contemplava le stelle, immaginandole magari come lentiggini del cielo.

Ne aveva soltanto trentaquattro quando morì in un incidente aereo. Una sorta di tragico contrappasso lo aveva toccato. Lui, il primo uomo a volare oltre i confini terrestri all’interno della sua navicella, è venuto a mancare a seguito di un banale incidente aereo, durante un volo di addestramento. Grazie a lui, al suo coraggio, alla sua voglia infinita di sfidare l’infinito, la Fantascienza è diventata Scienza. Anche per questo, per quel suo viaggio indimenticabile, durato meno di due ore, Jurij Gagarin è indimenticabile.

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